VinArte 2023: un percorso nel borgo antico di Guardia Sanframondi tra scultura, pittura e fotografia

(pubblicato su Il Denaro.it del 6 agosto 2023)

Emanuele Scuotto, Crocifisso – Monte dei Pegni – ph. Mara Mazzucco (di seguito M.M.)

L’atmosfera, piacevolissima, è sempre la stessa: un borgo fiero delle proprie origini e cosciente delle proprie peculiarità si anima grazie alla condivisione, con un pubblico sempre più numeroso, delle sue eccellenze enogastronomiche in occasione di Vinalia, kermesse inaugurata lo scorso 4 agosto e giunta ormai alla trentesima edizione. A questa si affiancano, da tredici anni, le opere degli artisti invitati a partecipare a VinArte, rassegna artistica immaginata da Giuseppe Leone – ideatore e curatore – come incontro di luoghi antichi e sguardi contemporanei, come “ incontro tra l’arte e l’artigianato; tra il vino ed il pensiero; tra il simposiaco e la fruizione estetica, in cui poco spazio è concesso a chi vorrebbe catalogare il molteplice e l’inaspettato secondo regole sicure, definite e tranquille, per le quali una festa del vino non potrebbe andare oltre i confini dell’economia e della produttività e determinati luoghi non potrebbero diventare isole, in cui provare uno speciale godimento e sbocco estetico alla espressività”.

Il concetto chiave affidato alle riflessioni degli artisti coinvolti, suggerito da Albert Einstein e dalle sue riflessioni sulla relatività, quest’anno è “il tempo è un’illusione”.

La presenza dell’arte si assapora in tutto il paese, ad iniziare dai luoghi dove le fotografie del collettivo LA ZONA (composto da Federico Iadarola, Gianfranco Molinario, Pasquale Palmieri, Annibale Sepe e Luigi Salierno) si trasformano in arte pubblica, dunque in riflessione collettiva. Mentre mostrano il tempo come solo la fotografia sa fare, ovvero rendendo eterno un fuggevole istante, questi lavori si offrono, inermi, alle sue ingiurie, consapevoli che avranno una durata ben limitata ma non per questo effimera: l’arte offre visioni, semina pensieri, crea nuovi punti di vista, dunque il suo tempo dura ben oltre la vita stessa dell’opera.

La consueta “via dell’arte” di Guardia Sanframondi si conferma essere Via F.M. Guidi, lì dove si affacciano il Monte dei Pegni, la chiesa dell’Ave Gratia Plena e Palazzo Marotta.

Monte dei Pegni

Nel primo spazio, offerto all’improvviso all’ignaro visitatore, la scultura incontra la pittura: un crocifisso – opera di Emanuele Scuotto – che pare scomparire inghiottito dalla parete di pietra su cui poggia, cattura lo sguardo del passante che, quasi titubante, si avvicina e lo interroga, e si interroga: spogliato della sua divinità, quell’uomo in croce senza croce diventa simbolo dei nostri tempi confusi, divisi tra indifferenza e ignavia. Alle pareti del piccolo spazio affacciato sulle valli del Taburno, le opere pittoriche completano un racconto fatto di voci diverse: Cosimo Mannu, i cui lavori sono caratterizzati da una vivacissima cromia e da una contrapposta ma non stridente simbologia arcaica, sembrano voler richiamare il visitatore all’attimo presente, con forza dirompente; nelle opere di Valdemaras Šemeška, invece, percepiamo perfettamente il tema della kermesse: il tempo, nei suoi quadri, non segue un percorso lineare ma mette insieme miti antichi e storie contemporanee, foriere di una narrazione ampia e stratificata.

Ave Gratia Plena

Ave Gratia Plena (che ha accolto la conferenza stampa di presentazione di Vinalia e VinArte) è da sempre il luogo degli Altari dell’Arte: ad accogliere il visitatore, però, in una sorta di anteprima, sono le sculture di Aniello Scotto: linee armoniose, ammaliante grazia formale, superfici levigatissime. Estrema sintesi e rigore delle forme – ottenute in anni di ricerca – che non disdegnano, però, una punta di ammiccante ironia. Il primo Altare dell’Arte è abitato da Raffaele Canoro, il cui dipinto pare avere il pennello perturbante di Lucian Freud unito ai temi del racconto sacro classico e alla sostanza del presente. Proseguendo, altri altari, altri sguardi, altre mani interpretano il tema del tempo: le tele di Michelangelo Della Morte – che, appresa la lezione di Caravaggio, l’ha trasformata in personalissima grammatica dei nostri giorni – sembrano nate lì, su quegli altari che sovrastano e che invitano a celebrare una liturgia laica che prende in prestito le parole della narrazione religiosa. Un bagliore, poi, tradisce una presenza immateriale seppure fusa nel bronzo: è la bella ‘mbriana di Emanuele Scuotto (scultore già incontrato al Monte dei Pegni): bellissima, sfuggente, luminosa presenza che nella terra di Partenope troviamo dove luci ed ombre si confondono, mentre nella terra delle janare è assurta quasi a divinità, abitando un altare che sorprende per audacia.

Gli artisti esponenti del genius loci dispongono dell’altare maggiore e della retrostante Sagrestia: è qui che troviamo l’opera, tra pittura e installazione, di Margherita Palmieri. Pur in un luogo di fede e speranza, l’inquietudine per il futuro incerto e la paura del tempo che scorre inesorabile verso un finale già noto si sposta dalla tela al visitatore, sopraffacendolo. Ma a salvarlo, ai piedi del quadro, l’artista, benevola, pone un instabile e delicato appiglio. Francesco Garofano è un talento della fotografia che abita il mondo e lo racconta lì dove ci sono le sue salde radici, stavolta mostrando spazi che sembrano confinare col nulla. La sua vocazione è quella di essere altrove ma mai distante dal luogo in cui è nato che, anzi, costituisce la sua bussola costante e permea lo sguardo con cui osserva e immortala ciò che incontra nel suo cammino.

11 settembre: senza aggiungere l’anno, senza aggiungere altro, è un momento della storia contemporanea che nessuno potrà mai dimenticare. È una data che ha cambiato lo scorrere del tempo, che ha creato una rottura. Esiste un prima e un dopo. La scultura di Ernesto Pengue – che egli definisce una cubo-sfera – nella sua felice complessità visiva è un coacervo di segni, simboli e significati che pare voler mettere ordine tra pensieri a prima vista sparpagliati, disordinati, spezzati ma che poi, a ben guardare, appaiono lucidissimi. Ancora scultura, stavolta ad opera di Mariano Goglia, il cui legame con la sua terra è sancito finanche dal materiale utilizzato per le opere: il marmo vitulanese. Il lavoro che l’artista presenta quest’anno è dedicata a Nettuno: la barba, i capelli del suo mito paiono ricordare le onde del mare e, nell’alveo di una rassegna che dalla propria terra si apre al mondo, può divenire simbolo di orizzonti nuovi cercati e accolti.

A chiudere il cerchio, fungendo da fil rouge di tutti i progetti presentati, è l’opera di Giuseppe Leone che, nella doppia veste di curatore e artista, omaggia così la rassegna. Il suo lavoro, egli dichiara, “rappresenta la luce e la morte, in quanto Apollo, dio del Sole, sovrasta lo scorpione, guardiano della porta degli inferi’. Leggiamo nel catalogo: “nella sua ricerca composita, nella quale la mitopoiesi ha valore fondante, il raccordo con i miti mediterranei, greci ed egizi, trasformatisi e giunti sino a noi, si attesta quale fulcro interpretativo e narrativo della realtà” e, quindi, anche di questo percorso tra le arti che stiamo assaporando insieme.

Palazzo Marotta

Giungiamo, infine, a Palazzo Marotta, spazio dedicato alla Fotografia, sezione a cura di Azzurra Immediato: se il tempo è un’illusione, “esiste, però, una strada non sempre battuta che, al contrario, potrebbe rivelarsi indicata a relazionarci con il Tempo in modo più profondo. È il percorso stabilito dall’Arte e, in particolare, dalla Fotografia. La sua grammatica rende il Tempo – e il suo movimento – sospeso in una immagine, la stessa definita ‘immagine/tempo’ da Deleuze. È l’intuizione dell’istante che appare e resta, hic et nunc, qualcosa che non era e non più sarà”.

Facendo nostra questa illuminante riflessione della curatrice, ci avviciniamo alle opere esposte: quelle di Mara Mazzucco ci narrano di un tempo che, nella sua estetica raffinata, pare appartenere ad un futuro non meglio specificato per poi, in realtà, suggerire riflessioni che esulano da ogni tempo, legate all’incomunicabilità dell’uomo con l’uomo. Anuar Arebi, lì accanto, ci invita ad entrare nelle sue foto, letteralmente: l’una lacera l’altra per mostrare la decadenza dietro l’effimera bellezza che niente può contro il tempo che passa. Non c’è nostalgia in questo quanto, piuttosto, il superbo racconto della “bellezza dell’abbandono”.

Tracce, ombre, dettagli: nelle opere di Anna Rosati il tempo ed il paesaggio si trasformano in un ricordo vissuto, privato, intimo, che non tornerà se non attraverso l’incanto della fotografia. Ed è l’arte che afferra il presente e il passato e li rende eterni.

Fabio Ricciardiello, tra gli artisti già noti al pubblico di VinArte, presenta “due opere estremamente simboliche, Se pensi a me e To the left. Immagini aggregate per differenze eppure animate da un fil rouge concettuale la cui forza è nello spazio bianco tra le due. È nella distanza d’attesa che l’illusione narrata dal tempo si manifesta. (…) Le opere, in apparenza indipendenti, perimetrano una struttura estetica la cui epifania è nella riscoperta di una lentezza che diventa immobile, tramutando la scrittura di luce della fotografia in nuovo codice scrittorio soggettivo, mediante il quale riscrivere il Tempo”.

Si sale e, inaspettatamente, un illusorio sfondamento della parete ci spinge nel Blue Hole di Natalino Russo: ci immergiamo in un azzurro “altrove”, ci ritroviamo di fronte ad istantanee di vita quotidiana fuori dal quotidiano che tratteggiano, con rara grazia, dettagli di un tempo sospeso. Accanto, appartato come in una cornice tutta per sé, Luca Gamberini racconta – in parole ed immagini, i suoi mezzi espressivi d’elezione – istanti preziosi, solitamente invisibili ai più ed ora la lui svelati: frammenti del disallestimento di una mostra ospitata dal Museo Archeologico di Bologna.

C’è, infine, un omaggio allo scomparso maestro del Novecento Antonio Del Donno, attuato attraverso la sua silente ma non muta coralità di volti fermata sulla pellicola tra gli anni ’60 e ’70. In alcuni di questi ritratti sono riconoscibili momenti legati ai riti penitenziali che si terranno a Guardia Sanframondi l’anno prossimo: come sempre, si ripetono ogni sette anni, da tempo quasi immemore. Un passato che anticipa nel presente un futuro antico appartenente a queste terre: è dunque questa, in sintesi, la dimostrazione che il tempo è un’illusione?

Info

VinArte 2023

Fino al 10 agosto 2023

Guardia Sanframondi (BN)

Ingresso gratuito

Nell’ambito di VInalia XXX Edizione

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