Dalle “anime pezzentelle” ai migranti morti in mare: “Purgatorio”, la personale di Emanuele Scuotto

Dalle “anime pezzentelle” ai migranti morti in mare: e Napoli città – mondo diviene il palcoscenico perfetto per la narrazione di Purgatorio, la personale di Emanuele Scuotto a cura di Azzurra Immediato, inaugurata il 22 ottobre presso la NABI Art Gallery di Napoli.

Purgatorio, di Emanuele Scuotto (ph. Cesare Abbate)

“L’orizzonte del mare non ha confini, e nemmeno il dolore.

Quando la vita è talmente in bilico che, per salvarsi, non resta che rischiare di perderla, allora la speranza è fatta di flutti tumultuosi, di sale negli occhi, di acqua nei polmoni.

Il grido è silenzioso, il volto è serafico: lo scultore non si compiace del dolore, non lo mostra ma lo sublima, e a noi che lo guardiamo arriva più forte che se urlasse.

Le tenebre in cui tutto è avvolto non nascondono le figure ma sfumano i contorni e ci costringono a guardare oltre, tra un aldilà rassicurante e un aldiquà che fa rabbrividire. Il buio che rivela.

Mare aperto, catacomba: la nebbia del limite ammanta tutto.

Emarginati, abbandonati, la memoria è loro negata.

Il sogno è necessario, salvifico tramite tra questuanti e purganti.

Il sogno pone una distanza, velo invalicabile; la scultura restituisce sembianze umane, flebile consolazione. E rende tangibile, evidente, terreno, umano ancora una volta.

L’evanescente, il liminale, diviene terreno, tragicamente reale.

Frammenti di memoria, frammenti di vita.

Ma non per tutti: anche tra i dimenticati c’è chi lo è di più. Neanche dopo la morte, pare, siamo tutti uguali.

A taluni il ricordo è negato.

E le sculture vengono in soccorso, e donano eternità di terracotta, memoria da vedere, toccare, preservare.  Per tutti, stavolta per tutti.

Realizzo il tuo desiderio se tu mi curi, ti chiedo la salvezza ma non ho niente da offrirti in cambio.

“A refrische ‘e ll’aneme d’ ‘o priatorio!”, “Uomo in mare!”

Anime di sogno da custodire e proteggere, corpi di carne e sangue da dimenticare. Accolti, sì, ma nella morte.

Mare Nostrum, res nullius: un purgatorio che è già inferno.

La città in cui il presente e il passato si confondono e per il futuro pare non esserci posto diviene riflesso del mondo.”

INFO

Fino al 10 dicembre 2021

NABI Art Gallery presso NABI Interior Design

Via Chiatamone 5, Napoli

LUN-SAB 10/13:30 – 16/20

RASSEGNA STAMPA

Il Purgatorio di Emanuele Scuotto

di Alba La Marra

Si entra in punta di piedi, nella black room della NABI Art Gallery divenuta, dallo scorso 22 ottobre, il Purgatorio di Emanuele Scuotto: la nebbia del limite ammanta ogni cosa, i contorni sono sfumati, le tenebre costringono a sforzarsi per guardare oltre, tra un aldilà rassicurante e un aldiquà che fa rabbrividire.

Appare, poi, un consesso di anime in carne e ossa e di resti di uomini e donne che furono, resi partecipi di una visione terrena e ultraterrena allo stesso tempo, che è metafora e monito, realtà e sogno, morte vivificata e vita mortificata: la personale di Scuotto – a cura di Azzurra Immediato – è una riflessione sul presente, visto attraverso la lente di un immaginario molto potente, ricco di simboli e astrazioni, quale è il culto napoletano delle “anime pezzentelle”. L’installazione è una lettura metaforica di questo rituale che, osteggiato e oggi destinato a scomparire, trova, ahimè, svariati nessi con il nostro tempo.

Una serie di volti attira lo sguardo di chi varca la soglia della galleria: sono velati, nascosti agli occhi perché non più in vita e nascosti al cuore perché dimenticati.

Si dice, infatti, che si muore davvero solo quando di noi si perde del tutto la memoria: per questo le capozzelle – che, nelle visione dell’artista, si trasformano dai teschi venerati dai fedeli a volti di terracotta dalle sembianze appena accennate – attraverso il sogno, chiedono di essere “adottate”: colui che lo farà se ne prenderà cura, le trasformerà in persone di famiglia, con un nome, una storia, una vita da continuare anche nell’oltretomba.

Non lo farà, però, in maniera disinteressata: il devoto, in cambio, otterrà una grazia semplice (per quelle complesse ci si rivolge ai santi), in un do ut des del quotidiano, delle piccole cose, che lega i vivi ai morti a doppio giro, in una città dove il confine tra i due mondi non è mai netto.

Ed ecco che tra i volti modellati ne troviamo alcuni diversi, che brillano di quell’attenzione che li ha sottratti all’oblio. Sono gli adottati, i prescelti, coloro che sfuggiranno alla dimenticanza. Perché, a quanto pare, neanche nella morte siamo tutti uguali.

A terra donne, uomini, fanciulli in argilla nera: quasi ombre. Chiedono aiuto, ancora vivi, forse per poco. Le braccia alzate al cielo, il volto serafico, il grido silenzioso: lo scultore non si compiace del dolore, non lo mostra ma lo sublima, e a noi che lo guardiamo arriva più forte che se urlasse.

Per vedere il volto di chi sta affogando dobbiamo chinarci, dobbiamo avvicinarci, dobbiamo provare quell’empatia che quasi sempre è negata a donne, uomini, fanciulli che invocano la salvezza della propria vita e, con essa, della nostra umanità perduta. Questa volta la fossa comune, quella da cui ha avuto origine l’antico culto, non è una catacomba ma il Mediterraneo, il Mare Nostrum divenuto terra di nessuno, enorme tomba dei nostri giorni.

Si avverte, così, un senso di straniamento, entrando nella spazio atro della mostra: addosso a chi osserva piomba la solitudine dei volti che implorano ricordo, muti; si percepisce il dramma di coloro che implorano aiuto, dignitosi. I primi spesso lo otterranno: i secondi, troppo spesso, no. 

Catacomba o mare aperto, dunque? Entrambi e nessuno dei due: piuttosto un non-luogo di lotta all’oblio e di attesa speranzosa, che suggerisce una riflessione e, allo stesso tempo, offre una carezza alle anime abbandonate, ai corpi mai ritrovati, alla sofferenza senza voce.

La città in cui il presente e il passato si confondono e per il futuro pare non esserci posto diviene riflesso del mondo: Napoli è il palcoscenico perfetto per questa narrazione, e le opere di Emanuele Scuotto ne sono le più adatte protagoniste.

Ma da dove nasce questa visione del nostro tempo che l’artista ha così rivelato?

Dal suo dna marcatamente napoletano – privo, però, di qualsivoglia stereotipo o accenno di folclore, dal dialogo costante con le sue radici, da un passato ricchissimo che è la materia con cui lavora ogni giorno, da un presente osservato e rielaborato attraverso il suo linguaggio d’elezione, la scultura.

Le sue opere sono plasmate nella tradizione che incontra la contemporaneità: egli si ispira all’arte popolare – un’arte senza inganno né trucco, sosteneva Mirò, si lascia ispirare dall’arte barocca – a cui sottrae la drammaticità teatrale – e si confronta col quotidiano che, impresso nella materia, si trasforma in tasselli di memoria.

Negli ultimi, surreali tempi di pandemia, egli ha immaginato questo suo Purgatorio che ha, però, radici più lontane, degne di essere raccontate: così, dal 29 ottobre, la OFF Gallery di Napoli – un insolito spazio espositivo nel cuore della città, carico di memorie e suggestioni, dove il passato che affiora accoglie gli artisti contemporanei con sorprendente accondiscendenza – ospita le opere che ne costituiscono la genesi: un San Gennaro che alza gli occhi al cielo perché stanco delle solite miserie; una santa della Luce ritratta in atteggiamento fiero e combattivo, carico di speranza; il mistero, sfuggente e sensuale, di una donna velata; e un’altra donna ancora, amata da sempre e per sempre.

Sono le sculture di Terra mia, già presentate in occasione della mostra Virginem=Parthena del 2019; a queste si aggiungono una Testa sognante (evidente richiamo alla tematica del sogno, elemento fondamentale nel racconto del culto delle anime pezzentelle) ed il Pulcinella velato, opera del 2009, chiaro riferimento al Cristo velato del Sanmartino – che, tra l’altro, si trova vicinissimo alla OFF – ma in cui “l’ironia vince sulla storia, e il divertissement – ilare e scherzoso – sulla pesantezza della tragedia” (Luca Beatrice in SCU8 Maninarte).

Un secondo momento, dunque, in un secondo spazio espositivo, che completa la narrazione principale e offre ulteriori elementi di riflessione all’attento spettatore, catapultato in una visione del sotto e del sopra, del mondo e dell’ultramondo chiamati in causa, dal nostro artista, nello stesso momento, quasi a volerli trasformare in un inscindibile tutt’uno.

Info:

In entrambe le gallerie sarà possibile visitare le mostre fino al 10 dicembre.

  • Purgatorio, di Emanuele Scuotto a cura di Azzurra Immediato

NABI Art Gallery presso NABI Interior Design

Via Chiatamone 5a, Napoli

lun – sab 10-13.30/16-20

info@nabidesign.eu

  • OFF Gallery ospita Emanuele Scuotto

OFF Gallery

Via Raimondo de Sangro di Sansevero 20, Napoli

Visita su prenotazione,

tel. 347 127 6800 – 338 891 9346

info@offgallerynapoli.it

Il catalogo, con i testi di Azzurra Immediato, Alba La Marra e Stefano De Matteis, sarà presentato in occasione del finissage della mostra.

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