La Cometa dell’Avvento (dal 9 al 16 dicembre)

Casella 9

Porta San Marco (ph. Marino Lamolinara)

Centro storico: stradine di pietra bianca locale, scale e scorci insoliti, vicoli, piazzette, strettoie. Poi Porta San Marco, l’unica rimasta intatta degli antichi sei varchi d’accesso al paese e più avanti, inaspettatamente, un panorama mozzafiato. Sì, perché imboccando la porta, come a voler uscire dal paese, ci si trova di fronte ad un maestoso presepe a grandezza naturale, poggiato sulla Prece, quello spuntone di roccia che, vista da valle, lascia senza fiato.

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Casella 10

La Prece durante Il Presepe nel Presepe (ph. Mimmo Salierno)

Vista da oriente e in lontananza, la Prece incute paura, ma incuriosisce; vista da S. Salvatore fa venire la pelle d’oca e costringe ad indietreggiare; vista dal torrente San Marco, dove scende a precipizio, raggela il sangue e costringe all’ammirazione di una natura piena di fascino” (da La “Nostra Morcone” di T. Lombardi).

E qui la vediamo da dove “raggela il sangue”.

Appena passata la porta San Marco, a sinistra c’è il torrente omonimo, a destra la Prece, al centro il fiume di visitatori del nostro presepe vivente. Questo, per forza di cose, non sarà l’anno dei grandi numeri in presenza, ma Il Presepe nel Presepe non si ferma: tenete d’occhio la pagina per saperne di più.

Casella 11

Una porta sempre aperta…(ph. Maristella Lombardi)

Da qualche parte, a Morcone, ci sono ancora portoni con la chiave inserita nella toppa, ovvero il più caloroso, vero e tangibile segno di accoglienza che si possa immaginare. È un invito ad entrare, a fare due chiacchiere, a mangiare insieme, a condividere un momento della giornata senza frenesia, noncuranti del tempo che passa o, meglio, consapevoli che quell’attimo è più importante dello scorrere veloce delle lancette dell’orologio. Senza un briciolo di retorica, trovo che sia un dettaglio stupefacente, oggi. Perché è un gesto di estrema fiducia ed apertura concreta nei confronti dell’altro, è un antidoto alla solitudine, è un tendere e allo stesso tempo ricevere una mano, sempre. Non posso non pensare che potrebbe essere rischioso, anche solo di essere disturbati in un momento in cui si vuole stare da soli: ma, inaspettata e bellissima, nonostante tutto, la chiave nella toppa è lì e ci ricorda cosa vuol dire essere una comunità. Ci invita, concretamente, a fare Natale.

La foto è di Maristella Lombardi: è una delle tante con cui ha raccontato la passeggiata narrata del 14 agosto scorso. Se vi va di dare un occhio cliccate qui

PS: a proposito, “La chiave nella toppa” è il titolo di un libro scritto dall’amico Lorenzo Piombo, ed. La Cittadella. Raccoglie “frammenti di vita di una comunità”, la nostra, affinché non vadano persi e ci offre un dono prezioso, la memoria.

Buona lettura!

Casella 12

Il lavaturo (ph. Marino Lamolinara)

Nel nostro presepe a grandezza naturale, le lavandaie le incontriamo nello slargo di Via Capozzi, in pieno percorso del Presepe nel Presepe: qui, le coraggiose figuranti, noncuranti delle rigide temperature dei primi di gennaio, chine sul “lavaturo“, lavano e chiacchierano, strofinano e cantano suscitando stupore e ammirazione nei tanti spettatori, magari riportando alla memoria dei più appassionati la superba scena del Coro delle lavandaie de La Gatta Cenerentola.”

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Casella 13

Santa Lucia, opera di Emanuele Scuotto

Santa Lucia

Un manichino, anima degli antichi santi impolverati nelle vecchie cappelle, spogliato di ogni fronzolo e corroso dal tempo e dalla memoria che va scomparendo, diviene il corpo di una giovane donna ribelle, guerriera che non conosce violenza, santa e martire, Lucia.

La luce che infonde coraggio la porta nel nome e ce la mostra attraverso i suoi stessi occhi.

Il volto è impassibile, la posa è fiera.

Venerata ed amata in mille città, approda anche sulle sponde del nostro mare, nel luogo di sante e di sirene, dove tutto ha avuto origine, lì dove le storie si intrecciano e si confondono, rimanendo vive.

La santa di Emanuele Scuotto esposta presso la NABI Interior Design in occasione della mostra Virginem=Parthena inaugurata lo scorso anno.

Per saperne di più leggete qui e qui.

Casella 14

“Morcone è uno dei luoghi più terribili della terra…” (ph. Marino Lamolinara)

Morcone è uno dei luoghi più terribili della terra. Chiunque vi era andato vi aveva fatto una brutta fine. Morcone sta su una montagna alta quanto le nuvole, piena di rocce, nascondigli, dirupi, crepacci, burroni, spelonche in cui si nascondono le bestie feroci…Gli orchi che l’abitavano imprigionavano i malcapitati, e i più belli e giovani li mettevano in una botte all’ingrasso, si facevano mostrare il dito da un pertugio, e se il mignolo era diventato grasso come il pollice preparavano la pentola d’acqua calda per farlo bollito o la brace per mangiarlo arrostito. Nel sentir questo po’ po’ di roba Catuccio tremava come una canna al vento, ma dovendo ubbidire alla madre (…) si avviò alla volta di Morcone. Camminò per tre giorni e per tre notti e per un altro giorno ancora fino al tramonto quando finalmente si trovò di fronte la montagna maledetta. Quanto era grande! Non si vedeva dall’altra parte del mondo!

Lo scrittore napoletano Domenico Rea parla così di Morcone nel suo Ninfa plebea, Premio Strega nel 1993. Aveva avuto la possibilità di visitare il nostro paese e di assistere al presepe vivente, e ne era rimasto profondamente affascinato: questa, dunque, la suggestione che aveva suscitato nel suo animo la visita al nostro borgo e questa la immaginifica e terrifica descrizione che la sua sensibilità d’artista ne aveva restituito.

È diventato lo spunto per parlare del “lato oscuro” del presepe e della nostra città della cometa, l’articolo intero qui.

Casella 15

il pescatore (ph. Paolo Cioccia)

Ai piedi della Prece scorre il Torrente San Marco: impetuoso durante i rigidi inverni, più placido quando la portata dell’acqua diminuisce nelle calde estati di collina, è il luogo dove gli spettatori del nostro presepe vivente incontrano un altro protagonista della sacra rappresentazione, il pescatore.

Ne ho parlato qui.

Casella 16

Stefania (opera del laboratorio artistico La Scarabattola di Napoli

La teneva in grembo, stretta stretta. Quella pietra, una bugia detta per amore, doveva sembrare un bambino in fasce.

Poi, all’improvviso, “etciù!”, si voltò e le sorrise.

E il suo cuore scoppiò di gioia.

La storia completa di Stefania la trovate qui.

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