Epigraphè, rassegna di teatro, arte e musica nel cuore di Città di Castello

Il racconto dell’edizione appena conclusa

Da IlDenaro.it del 20 ottobre 2023

La locandina di Epigraphè, rassegna di teatro, musica, arte a città di Castello (PG)

“Videor ut video”: al Teatro degli Illuminati l’epigrafe “sono visto come vedo” ci sovrasta.

L’idea della reversibilità dello sguardo, del conoscersi attraverso la prospettiva altrui, dell’esistere soltanto in presenza dell’altro ci accoglie e ci introduce al primo appuntamento di Epigraphè, giovane rassegna artistica tifernate al suo quinto anno di vita che, partendo dall’interessante concept che “declina le arti attorno ad un tema a partire dalla suggestione che un luogo suggerisce attraverso una scritta, iscrizione, epigrafe che su quel luogo sia stata incisa, dipinta, impressa”, si inserisce a pieno titolo nella variegata scena culturale di Città di Castello (PG) caratterizzata da eventi e manifestazioni di lungo corso e di indiscussa qualità.

Venerdì 13 ottobre è lo spettacolo teatrale La Vacca (testo di Elvira Buonocore, regia di Gennaro Maresca) ad inaugurare l’edizione 2023 della rassegna. Sul palco si intravedono poche cose, a terra: la scenografia, in effetti, a fine spettacolo è tutta racchiusa in un paio di grossi borsoni che, all’uscita del teatro, vediamo sulle spalle degli attori, acclamati da un pubblico entusiasta, selezionato ed attento: in platea c’erano, in primis, gli habitué della rassegna – quelli che non perdono un solo appuntamento, ben conoscendo la qualità delle proposte loro dedicate – a cui si aggiungono, di anno in anno, nuovi spettatori come chi scrive che, tra una visita estasiata alla collezione Burri e un giro per il centro storico, scrigno prezioso di arte e di storia, ha potuto godere anche di un weekend di teatro, arte e musica.

Ma torniamo all’opera teatrale e, in particolare, allo sguardo: come quello che Donata, giovanissima protagonista, posa su se stessa forse per la prima volta, iniziando a fantasticare su un altro corpo possibile, diverso, più desiderabile. E questo perché si è vista riflessa negli occhi di Elia, uomo vile dall’apparenza mansueta – proprio come le bestie che ha perduto e sta cercando – che alla fine svelerà tutta la sua brutalità. Poi c’è Mimmo, un altro sguardo ancora, stavolta stanco e perennemente annoiato che ha un guizzo solo quando vede avverarsi il suo desiderio di fare qualcosa di grandioso e di cui non si credeva capace. Solitudine, abbandono e desiderio si intrecciano in una imprecisata e torrida periferia napoletana dando vita ad uno spettacolo dal retrogusto amaro, messo in scena su un palco enorme e scarno su cui brilla la forza interpretativa di Vito Amato, Anna De Stefano e Gennaro Maresca.

La Vacca, dal suo debutto, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Dante Cappelletti nel 2019.

Foto tratta dallo spettacolo "La Vacca" di Gennaro Maresca
La Vacca, regia di Gennaro Maresca (ph. Serena Facchin)

Sabato 14 ottobre, Rotonda Medievale (ubicata in Via della Rotonda, toponimo ed epigrafe del luogo allo stesso tempo): l’affascinante e insolito spazio, riscoperto solo di recente, diviene grembo accogliente per la struggente installazione di Emanuele Scuotto dal titolo Purgatorio. Alla serata di inaugurazione si entra alla Rotonda quasi in punta di piedi: all’interno si parla a bassa voce, percependo la sacralità di una narrazione umanissima, tragica e lirica al contempo, offerta allo spettatore da uno sguardo contemporaneo che osserva la realtà attraverso la lente di un immaginario ricco di simboli e astrazioni quale è quello della tradizione popolare napoletana, indissolubilmente legato al dna dell’artista. Nella penombra si intravedono corpi di donne e uomini avvolti non dalle fiamme delle anime del Purgatorio – di cui sono chiaro riferimento – ma dall’acqua, non più elemento da cui origina la vita ma elemento che causa la morte: è una metafora del dramma dei migranti che, ogni giorno, muoiono in mare trasformando il Mediterraneo in una fossa comune; è un  grido di dolore straziante, una richiesta di aiuto muta che, attraverso la grazia formale delle sue opere, l’autore ci mostra senza compiacersi del dolore ma sublimandolo, ed a noi che guardiamo arriva più forte che se lo urlasse. Alzando lo sguardo, poi, vediamo volti velati, forse sognanti, evidentemente appartenenti ad un limen, quello tra la vita e la morte, il ricordo e la dimenticanza, l’al di là e il nostro mondo che, nella città a cui appartengono, non sono mai separati del tutto.

Purgatorio è un lavoro del 2021, già presentato a Napoli nello stesso anno, ed è stato parte della personale di Scuotto dal titolo Memorie ipogee – a cura di Azzurra Immediato – ospitata la scorsa primavera dall’ARCOS – Museo di Arte Contemporanea Sannio di Benevento.

Domenica 15 ottobre, nel cortile di Palazzo Tommasini Mattiucci (la cui epigrafe di riferimento è piuttosto curiosa, essendo un avviso del servizio di derattizzazione legato, dagli ideatori, ad una storia di fraintendimenti e di lotta inutile contro il mammifero più popoloso del pianeta) lo spettacolo Donnerranti di Valentina Ferraiuolo Trio ha chiuso in musica questa edizione della rassegna.

Momenti dello spettacolo "Donnerranti" di Valentina Ferraiuoilo Trio a Città di Castello (PG)
Donnerranti, di Valentina Ferraiuolo Trio (ph. Serena Facchin)

La voce e le percussioni di Valentina Ferraiuolo – che vanta numerose importanti collaborazioni, tra cui quelle con Carmen Consoli e Ambrogio Sparagna –, la chitarra di Domenico De Luca e il violoncello di Marco Pescosolido, con i loro suoni ancestrali provenienti da una tradizione antica mai sopita ma mantenuta vitale e vibrante, hanno mirabilmente sottolineato e marcato a fuoco il tema di questa quinta edizione di Epigraphè: Napoli e le sue molteplici narrazioni, i suoi mille volti, le sue infinite peculiarità. Napoli, città d’origine della direttrice artistica della rassegna, Giovanna Guariniello. Napoli, città in costante mutamento, dunque viva e sincera, capace di parlare di se stessa e di offrirsi come lente attraverso cui guardare il mondo anche a chilometri di distanza, com’è successo a Città di Castello grazie al teatro, all’arte visiva, alla musica.

E grazie soprattutto al lavoro sognante ma concretissimo di chi ha progettato e curato tutto ciò: oltre alla già citata Guariniello, Enrico Paci, Mauro Silvestrini e Maria Rosaria Vitiello.

All’anno prossimo, Epigraphè!

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