Sontuoso, sfacciato, geniale.
E, aggiungerei, inequivocabilmente napoletano. Sì, perché nel modo irriverente di unire denuncia e ironia, nella capacità di mettere insieme sacro e profano, corpo e spirito, alto e basso, e farli convivere senza sforzo, nella volontà di raccontare le più profonde debolezze umane senza condannare ma nemmeno assolvere, nei riferimenti alla sua città, ora colti ora popolari, c’è l’inconfondibile DNA partenopeo del regista.
Sorrentino svela l’innominabile con sorprendente leggerezza che non è mai banalità o superficialità e, con cura maniacale, costruisce un racconto di molti vizi e pochissime virtù sullo sfondo di una fastosa, umanissima Città del Vaticano.